Ma certo, lo dirò; e tu dammi il dono ospitale come hai promesso. Errore. Sei compagni, intanto, sono morti. Per merito di quest’ultimo lui e i suoi compagni riescono a sfuggire a Polifemo accecato da Ulisse… I miei compagni mi supplicarono di prendere e rubare quel che si poteva – latte e formaggi e animali – e di correre alle navi per andarcene. Allora ai fedeli compagni ordinavo di rimanere sulla nave e di fare la guardia. Arrivammo presto all’antro: lui non c’era dentro: era al pascolo con le sue grasse pecore. E rispondendogli dissi con false parole:<>.Così dicevo: nulla rispose nel suo cuore spietato,ma con un balzo sui miei compagni le mani gettavae, afferrandone due, come cuccioli a terrali sbatteva, scorreva fuori il cervello e bagnava la terra.E fattili a pezzi, si preparava la cena;li maciullava come leone montano; non lasciò indietro né interiora, né carni, né ossa o midollo.E noi piangendo a Zeus tendevamo le bracciavedendo cose terribili: ci sentivamo impotenti.Quando il Ciclope ebbe riempito il gran ventre,carne umana mangiando e latte puro bevendo,si distese nell’antro, sdraiato in mezzo alle pecore.E io pensai nel mio cuore magnanimod’avvicinarmi e, la spada puntuta dalla coscia sguainando,piantarla nel petto, dove il fegato s’attacca al diaframma,cercando a tastoni; ma mi trattenne un altro pensiero.Infatti noi pure là perivamo di morte terribile:non potevamo certo dall’alta aperturaa forza di braccia spostare l’enorme roccia, che vi aveva addossata. Paurosamente gemette, l’eco si propagò per tutta la caverna; atterriti balzammo indietro: il Ciclope strappò il tizzone dall’occhio grondante di sangue, e lo scagliò lontano da sé, agitando le braccia, e i Ciclopi chiamava gridando, che in giro vivevano nelle grotte e sulle cime battute dai venti. Qui Ulisse approda nella terra dei Ciclopi dove incontra Polifemo, mostro leggendario e smisurato. che greggi pasceva, solo, in disparte, e con altrinon si mischiava, ma solo viveva, aveva animo ingiusto. Nessuno ho nome: Nessuno mi chiamanomadre e padre e tutti quanti i compagni>>.Così dicevo; e subito mi rispondeva con cuore spietato: <>.Disse, e s’arrovesciò cadendo supino, e di colpogiacque, piegando il grosso collo di lato: lo vinseil sonno che tutto doma: e dalla gola vino gli usciva,e pezzi di carne umana; vomitava ubriaco.Allora il palo cacciai sotto la molta brace, finché fu rovente; e con parole a tutti i compagnifacevo coraggio, perché nessuno, atterrito, si ritirasse. Così tre montoni ciascun uomo portavano; io, poi, â c’era un ariete, fra tutta la greggia il più bello – afferrandolo per i reni, me ne stetti steso sotto la pancia lanuta; e con le mani la lana meravigliosa torcendo stretta, mi tenni avvinto con cuore paziente. non doveva essere amabile la sua comparsa ai compagni.Là, acceso il fuoco, facemmo offerte, e anche noiprendemmo e mangiammo formaggi, e l’aspettammo dentro, seduti, finché venne pascendo; portava un carico greve di legna secca, per la sua cena.E dentro l’antro gettandolo produsse rimbombo:noi atterriti balzammo nel fondo dell’antro.Lui nell’ampia caverna spinse le pecore pingui,tutte quante ne aveva da mungere; ma i maschi li lasciò fuori, montoni, caproni, all’aperto nell’alto steccato.Poi, sollevandolo, aggiustò un masso enorme, pesante,che chiudeva la porta: io dico che ventidue carribuoni, da quattro ruote, non l’avrebbero smosso da terra,tale immensa roccia, scoscesa, mise a chiuder la porta.Seduto, quindi, mungeva le pecore e le capre belanti,ognuna per ordine, e cacciò sotto a tutte il lattonzolo.E subito cagliò una metà del candido latte,e, rappreso, lo mise nei canestrelli intrecciati;metà nei boccali lo tenne, per averne da prenderee bere, che gli facesse da cena.Come rapidamente i suoi lavori ebbe fatto,allora accese il fuoco e ci vide e ci disse:<>.Così dicevo; e subito rispose con cuore spietato:<>.Così disse tentandomi, ma non mi sfuggì, perché sono accorto. Ma certo,lo dirò; e tu dammi il dono ospitale come hai promesso. Anche il vino, dono degli ospiti, ma dono – come abbiamo visto – pericoloso, dato in modo eticamente corretto ma per l’inganno, svela il suo scopo in un secondo momento. Tutti i boccali traboccavano di siero, così come i secchi e i vasi nei quali mungeva. Così dicevo; e subito mi rispondeva con cuore spietato: «Nessuno io mangerò per ultimo, dopo i compagni; gli altri prima; questo sarà il dono ospitale!». Polifemo in Euripide. Da quel momento vagano quasi alla deriva, finché approdano alla terra dei Lotofagi, i famosi mangiatori di loto. Io, tuttavia, non li volli ascoltare, anche se sarebbe stato molto meglio. Essi, alzando il palo puntuto d’olivo, lo spinsero nell’occhio: e io premendo da sopra giravo, come fossi un carpentiere col trapano un asse navale: ci sono infatti altri sotto che con la cinghia lo girano, tenendola di qua e di là: in questo modo il trapano corre costante. Un altro dettaglio importante è, naturalmente, la sua immane grandezza – la dismisura, che traduce la mancanza di rispetto verso qualunque norma o misura, come quella verso gli ospiti a cui Ulisse si appella. forse per qualche commercio, o andate errando così, senza meta sul mare, come i predoni, che errano giocando la vita, danno agli altri portando?>>Così disse, e a noi si spezzò il caro cuoredalla paura di quella voce pesante e di quell’orrido mostro.Ma anche così, gli risposi parola, gli dissi:<>.Così dicevo; e lui prese e bevve; gli piacque terribilmentebere la dolce bevanda; e ne chiedeva di nuovo:< La trama: l’approdo nell’isola dei Feaci Jean Veber, Ulisse e Nausicaa, 1888. I Ciclopi, accorsi alle grida di Polifemo, non riuscirono a capire che cosa stesse succedendo perché, alla domanda su chi gli stesse facendo del male, Polifemo rispondeva ossessivamente “Nessuno”. La risposta è che da una parte la sua sete di conoscenza lo inchioda, dall’altra sente il suo dovere di guerriero che gli impedisce di comportarsi come un qualunque ladro. Il mattino seguente, Polifemo si appresta a pascolare le greggi e intanto lo scaltro Ulisse gli prepara un inganno che gli permetterà di fuggire. Così dicevo: lui non rispose nulla nel suo cuore spietato, ma con un balzo sui miei compagni gettò le sue mani e, afferrandone due, a terra li sbatteva come cuccioli e dalle loro teste scorreva fuori il cervello e bagnava la terra. È un incontro pericoloso perché il loto è una pianta che produce l’oblio del passato: alcuni Greci ne mangiano i fiori, dimenticano la patria, dimenticano le fatiche del viaggio, dimenticano i loro affetti: così l’eroe deve reimbarcarli con la forza. Entrati nella sua caverna, osservammo ogni cosa: i formaggi piegavano dal peso i graticci: c’erano steccati per agnelli e capretti, un recinto per ciascun ordine di nascita. Tuttavia questa situazione sembra necessaria per rendere l’uscita dall’antro ancora più avvincente, eroica e significativa. Davanti al Papa Elena racconta la sua conversione avuta a Medjugorje - Duration: ... Il ritorno di Ulisse e l'incontro con il cane Argo - Duration: 14:58.
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